Carol, un film bello senz’anima

Di Dino Cassone

Di Dino Cassone

“Carol”, l’ultimo lavoro cinematografico firmato da Todd Haynes è come la bellezza canonica: perfetta, ma non ispira pulsioni. Tratto dal romanzo scritto nel 1952 da Patricia Highsmith, dal titolo originale “The price of salt” (il prezzo del sale) è la storia, ambientata a New York durante i primi anni cinquanta, di due donne diverse tra loro, per età e per estrazione sociale, che s’innamorano. Carol Aird (Blanchett) è una donna matura, raffinata, ricca e alle soglie del divorzio, Therese Belivet (Mara) è una giovane commessa dei grandi magazzini con la passione per la fotografia.

Carol 2Il loro incontro durante le feste di Natale è il classico colpo di fulmine. Le due donne devono fare però i conti con i tabù della società che le circonda e soprattutto con il marito di Carol, che conosce benissimo le pulsioni di sua moglie e la minaccia di toglierle l’amatissima figlia. Carol e Therese partono comunque per un viaggio (una sorta di Thelma e Louise ante litteram), che le porterà a scoprire l’amore ma anche la necessità del distacco. Carol, messa con le spalle al muro, deve dimostrare di essere guarita pur di non perdere la bambina. Amor vincit omnia, però.

Un film impeccabile in tutto: le due attrici, Cate Blanchett e Rooney Mara, bellissime e perfette nei loro rispettivi ruoli, giustamente candidate ai prossimi Oscar di fine febbraio; la fotografia meravigliosa che richiama spesso Edward Hopper; la delicata colonna sonora, la regia puntigliosa e maniacale (sublimi i primi piani sugli sguardi tra le due protagoniste), splendidi i costumi e dettagliata la ricostruzione storica degli ambienti e degli arredi. Insomma, il film tecnicamente fa gridare al capolavoro, ma.

Haynes aveva saputo fare di meglio con “Lontano dal Paradiso”, ricalcando le orme del principe dei melodrammi, Douglas Sirk, che siamo certi, è la sua musa ispiratrice. Qui manca l’anima, un palpito che sia uno, un colpo di scena, un brivido (possibile che il primo bacio scatti dopo un’ora e un quarto? Le lesbiche sono davvero poco passionali? Due maschi, ammettiamolo, avrebbero consumato dopo quindici minuti!), che fa prendere una piega diversa alla storia. Che resta troppo statica e prevedibile.

Dino Cassone