“Cell” di Tod Williams (2106)

Di Dino Cassone

Di Dino Cassone

Avviso a tutti i registi: per favore, smettetela di ridurre i romanzi di Stephen King in abominevoli immondizie in celluloide! Salvo che vi chiamate Kubrick, Coppola o Cronenberg, e ci mettiamo anche Darabont (superlativo autore de “Il miglio verde”), e Reiner (superbe le sue versioni di “Misery non deve morire”, “Stand by me” e “Le ali della libertà”).

2 Due le sensazioni appena usciti dal cinema dopo aver visto questo “Cell” diretto da Tod Williams e uscito nelle sale italiane il 14 luglio: di aver buttato via i soldi del biglietto e di come avere le palle triturate. Un film inutile e buttato via, persino con l’utilizzo di due attori di richiamo, John Cusak, che non ho mai amato e che in questo film è meno espressivo del “Vecchio con boccale” di Teomondo Scrofalo; ma soprattutto di un’icona come Samuel L. Jackson (ti hanno pagato per fare sta cagata, ma almeno impegnati! Incredibile anche che alla sceneggiatura (pare che abbiano seguito una pagina sì e una no per quanto risulti squinternata), abbia messo mano anche il Re. Non ci credo, salvo che le pagine da lui scritte erano proprio quelle saltate.

 Tratto dal romanzo uscito in Italia nel 2006, non un capolavoro intendiamoci, il film (come il libro) ha un incipit a dir poco geniale: l’umanità è totalmente devastata da uno strano segnale che si diffonde attraverso i cellulari, penetrando nel cervello delle persone le trasforma, all’istante, in belve furiose e dementi. Nei così detti “telepazzi”. E fin qui il messaggio fantastico del Re: i cellulari ci stanno rincoglionendo, sul serio.

 1A salvarsi saranno in pochi: Clay Riddel (Cusack), un disegnatore di grafic novel che per sua fortuna ha il cellulare scarico (io avrei avuto lo stesso colpo di culo!), Tom McCourt (Jackson), un gay di mezza età che diventa il classico saggio (che in una storia catastrofica serve sempre), una ragazza, Alice, sconvolta per aver ammazzato entrambi i genitori, impazziti dagli impulsi malefici, e Jordan, un ragazzino saputello (anche questo può sempre servire). Il gruppo, capeggiato da Clay, si avventura in un’odissea (perché braccati dalla marea impazzita), per arrivare nel lontano Maine (immancabile per King, i suoi fan lo sanno bene), dove si trovano il figlio e l’ex moglie del fumettista. Vivi? “Cellulati”? Lo scopriremo. Come scopriremo il ruolo di quel ragazzo dalla felpa con cappuccio rossa che abita i sogni-incubi della nostra combriccola. Nell’adattamento cinematografico anche il bel finale del romanzo (poco rivelatorio) è stato gettato via per il classico “non ci ho capito un cazzo ma, wow!”. Non funziona nulla in questo film: i personaggi che già da subito, manco fossero Einstein, hanno già capito tutto, dalla causa all’effetto e pure la soluzione. E non funziona nemmeno lo sforza del regista di dare un taglio alla pellicola a metà strada tra gli zombie di Romero e l’apocalisse alla Emmerich. Sì, de noarti…

 Stroncato, e come poteva essere diversamente, dalla critica oltreoceano che l’ha definito “Il peggior film mai realizzato sulla base di un romanzo di Stephen King”; “Senza ritmo e intelligenza”, “Il montaggio è talmente frastagliato che crea solo confusione”, “Le interpretazioni sono imbarazzanti e amatoriali”. Insomma, ci si diverte di più a leggere le critiche che vedendo il film. Sconsigliato.

Dino Cassone