IL BUIO E L’OSCURANTISMO

Nicola Di Ceglie

di Nicola Di Ceglie

Care compagne e cari compagni,

questa immagine ha emozionato gli utenti del web e ottenuto migliaia di visualizzazioni in pochi giorni. È la fotografia di un bambino filippino, che studia alla luce fioca di un lampione pubblico. Qualche giornalista più sensibile ne ha ricostruito la storia, che qui vi propongo brevemente. Il piccolo si chiama Daniel Cabrera, ha 9 anni e vive nelle Filippine in condizioni di estrema povertà. Tra i suoi desideri più grandi -racconta- vi è quello di avere un album da disegno, che sua madre gli comprerà appena potrà permetterselo. Daniel vive con i suoi fratelli in una casa senza elettricità e ogni sera, per fare i compiti, è costretto a uscire per strada e a sfruttare l’illuminazione pubblica. Sembra la trama commuovente di un film d’autore e, invece, è la durissima realtà. In molti Paesi del Terzo Mondo, i piccoli scolari imparano a scrivere e a leggere nelle viuzze impolverate e disfatte. Almeno fino a quando non arriveranno al potere gli integralisti islamici, con le loro assurde restrizioni sulla libertà. Già, perché forse non tutti sanno che una delle prime operazioni dei fondamentalisti è proprio quella di ridurre (se non sospendere del tutto) l’illuminazione pubblica e impedire alla popolazione di uscire nelle ore serali.
Ho istintivamente maturato delle riflessioni sul ‘diritto allo studio’ che voglio proporvi, perché Daniel mi ha scosso e commosso e zitto non voglio stare: i nostri (più fortunati) bambini imparano a usare l’Ipod all’età di due anni e sono sottoposti a stimoli di ogni tipo, fino a sembrarne quasi frastornati. Eppure, secondo i dati di Eurostat, l’Italia risulta all’ultimo posto tra i Paesi dell’Unione Europea per numero di laureati e la Puglia è fanalino di coda per numero di lettori, assieme alla Sicilia e alla Calabria. Non si arrestano, per di più, tutte le misure politiche rivolte ad affossare la scuola pubblica italiana, continuamente maltrattata e vituperata. Le immagini degli insegnanti in lacrime fuori Palazzo Madama, dopo il sì del Senato alla fiducia sulla riforma scolastica, sono una dolorosa sconfitta per l’intero Paese. Per Daniel, invece, la scuola significa ‘riscatto’. È l’unico trampolino di lancio verso la libertà e condizioni di vita migliori. Ma probabilmente, tra qualche anno sarà costretto a lasciare gli studi e a lavorare nei campi, diventando uno dei 2 milioni bambini-schiavi delle Filippine. Difendere la scuola e la cultura, quindi, deve essere il nostro principale dovere morale.
Lo dobbiamo a noi, che forse non ci crediamo più.
Lo dobbiamo a loro, che purtroppo non possono crederci fino in fondo.

Nicola Di Ceglie