Il cammino verso il passato di Giovannangelo de Gennaro

Di Dino Cassone

Di Dino Cassone

«A ogni tramonto suonerò e canterò storie di santi, di crociata, amori perduti e ritrovati tra le rive di un vicino oriente e del presente occidente». Questa è la premessa del progetto intitolato “Passi sonori – Cammino musicale lungo la via Francigena in Puglia”, ideato da Giovannangelo de Gennaro. Un lungo viaggio di 450 km, percorsi rigorosamente a piedi, partito lo scorso 6 ottobre da Celle di san Vito nel foggiano e che si terminerà, dopo aver attraversato la Puglia intera, il prossimo 28 ottobre a Santa Maria di Leuca.

2Proprio come accadeva nel lontano medioevo quando il musicista nel suo lungo peregrinare chiedeva ospitalità in cambio di una prestazione artistica, l’artista molfettese ha fatto in questi giorni tappa a Monopoli, dove abbiamo avuto modo di ascoltarlo in un’emozionante performance vocale con la viella, in compagnia del suo allievo e amico, Fabrizio Piepoli, artista barese che oltre a prestare la sua voce ha suonato il santur e le percussioni.

De Gennaro è un raffinato e talentuoso musicista, apprezzato in tutto il mondo. Ha dedicato gran parte della sua carriera alla ricerca e alla cultura della musica antica, delle tradizioni e della musica popolare e medievale. Ha fondato, infatti, con Nicola Nesta l’ensemble “Calixtinus” oltre ad aver collaborato con Michel Godard in vari progetti. Inoltre, è tra gli organizzatori del festival “La via di Gerusalemme – Il pellegrinaggio dal Medioevo a oggi” e collabora con il Centro itinerante di ricerca musica antica di Moissac in Francia.

1Un secret concert, dagli antichi sapori e dall’odore inconfondibile di muffa della storia, che ha avuto luogo nel centro Yoga “Auroville Italia” di contrada Bellocchio. Racconti “di miracolose cose” e aneddoti di vita, tra un’esecuzione e l’altra: “Rosa das rosas” (Cantiga n.10); “Poi-las figuras fazen dos santos” (Cantiga n.136) e “Non è gran cousa se sabe”(Cantiga n.26). Queste tre canzoni monofoniche spagnole del XIII secolo, fanno parte delle “Cantigas de Santa Maria”, dedicate alla Vergine e raccolte da Alfonso X di Castiglia, detto “Il Saggio”. “Pajo Ji Mene” (della poetessa e mistica indiana Mirabai – XVI sec.); “Reis glorios” (del poeta trovatore provenzale Giraut de Borneil, visuto tra XI e XII sec.); “Venite a laudare” (che apre di fatto il “Laudario I-Ct 91” di Cortona – XIII sec.); “Karitatz et amor e fes” (Una “canzone di crociata occitana”, composta da Guirarut Riquier nel 1276) e “Chevalier mult estez guariz” (Altra “canzone di crociata”, la seconda, di anonimo risalente al 1146). Senso di pace e fraterna condivisione sono state le suggestive emozioni regalate dalla performance dei due abili “menestrelli”.

Tempo fa hai dichiarato che «La cultura dell’Ego Sum Alpha et Omega non mi appartiene». Ci vuoi spiegare meglio questo concetto?

«Si tratta, innanzitutto, della scritta sul cero pasquale. Io sono…ebbene io non sono, nel senso che sto cercando attraverso questo cammino, o i cammini, che sono essi stessi una forma di ricerca, di capire qual è la mia strada. Quello che a me interessa maggiormente è l’evoluzione, evolvermi. Attraverso il cammino, quindi, l’arte del camminare, so di certo e lo dico per esperienza, che avviene un’evoluzione. Questa è una ricerca, in realtà, è cominciata tanto tempo fa, con il “Cammino di Santiago”. Dopo averlo fatto, ti viene voglia di farne un altro e un altro ancora, perché assapori veramente l’essenza della ricerca. Il cammino è un viaggio interiore ed esteriore, un viaggio lento, umano, dove tu sei in contatto con te stesso mentre osservi quello che sta fuori. Tutto quello che vedi passare con la lentezza dei tuoi passi, con il tuo ritmo umano».

Tu sei un accanito sostenitore del dialogo e del confronto “culturale”. Ritieni che il mondo artistico sia troppo individualista?

«Certamente. Quando fai un concerto… accade che ”io sono”. In questo caso sto sperimentando che quando fai un concerto in queste situazioni di ricezione di offerta, queste barriere tra il musicista e il pubblico cascano completamente. Viene fuori così il contatto umano che diventa molto forte poiché è riconosciuto proprio dall’ascoltatore e nasce il dialogo vero e proprio. Il dialogo tra chi riceve e chi fa linguaggio musicale per me è fondamentale, è una parte importante della vita. Il dialogo culturale e gli incontri soprattutto con le persone che non conosci, che t’insegnano molte cose e ti lasciano un segno tangibile. Accade, mentre cammini, anche per soli cinque minuti, ma che valgono cinque anni».

Dino Cassone