Il successo di “Anime Nere” raccontato dall’attore Vito Facciolla

di Carmela Moretti

di Carmela Moretti

Ai botteghini è stato accolto con freddezza, ma il capolavoro di Francesco Munzi è riuscito comunque a farsi strada da solo. Alla fine, la critica l’ha giudicato come uno dei migliori film italiani degli ultimi anni ed è reduce dalla vittoria di 9 David di Donatello e 3 Nastri d’Argento.

Ambientato ad Africo, “Anime Nere” è stato paragonato a “Gomorra” per la sua forza tragica. È la storia di tre fratelli vicini alla ‘ndrangheta: Luigi, un trafficante internazionale di droga; Rocco, imprenditore milanese grazie ai soldi sporchi del primo; Luciano, il fratello più anziano. Per una lite banale, nel paese si riaccende una terribile guerra tra clan, in un pathos crescente da tragedia greca.

A raccontarci alcune curiosità sul film è l’attore polignanese Vito Facciolla, che abbiamo incontrato nella sua città natale al Multisala Teatro Vignola. Scelto per la faccia da “duro”, nella pellicola interpreta il ruolo del cugino Pasquale, accanto al Premio Oscar Marco Leonardi e agli attori Peppino Mazzotta (il Fazio nel “Commissario Montalbano”) e Fabrizio Ferracane.

Nelle sale, “Anime Nere” è stato accolto con poco entusiasmo. Poi, lentamente è riuscito a imporsi soprattutto per la sua straordinaria intensità…

Tutto l’iter del film non è stato semplice. Una delle sfide principali di Munzi è stata quella di raccontare una storia il più possibile verosimile, ma le produzioni vogliono sempre imporre i grandi nomi. In questo caso, invece, il regista aveva bisogno di attori sconosciuti per far entrare il pubblico nel vivo della vicenda. Perciò non è stato facile trovare un produttore, il primo ad avere coraggio è stato quel grande uomo di Arcopinto. Tutto il film doveva essere girato a novembre 2013 in sei settimane, ma al termine del tempo prestabilito era stata girata solo una parte ed erano finiti i soldi. Quindi, non si sapeva che fine avrebbe fatto questo film. Poi sono arrivati i produttori francesi, come sempre incuriositi da queste opere italiane molto particolari, e “Anime Nere” è diventato un grande successo.

Che sensazioni vi ha dato lavorare nel cuore dell’Aspromonte?

Per storie come quelle di “Anime Nere” o “Gomorra”, non si può fare come -per esempio- in “Baarìa” di Tornatore, dove l’antica piazza di Bagheria fu ricostruita in un sobborgo di Tunisia. Questo film andava necessariamente girato nelle strade di Africo. C’è stato un lavoro di preparazione di tre anni, in cui Munzi ha dovuto individuare le location appropriate e fare i provini, chiedendo la collaborazione sia dell’autore del romanzo che di tutti gli abitanti del paese. Pensa che Munzi doveva girare il film “Educazione Siberiana”, che poi è stato affidato a Salvatores, proprio perché lui era già completamente immerso nel progetto di “Anime Nere”. Sulle sensazioni, be’… la mia prima posa è stata nell’obitorio di Locri, in piena notte. C’era un’aria davvero pesante. Ma è stato subito chiaro che si sarebbe trattata di un’esperienza importante per tutti.

Gli attori -dicevi- sono quasi tutti sconosciuti…

C’è Marco Leonardi che è stato Premio Oscar con “Nuovo cinema paradiso”, Peppino Mazzotta e la sua compagna Barbara Bobulova, e Fabrizio Ferracane, che come me è un attore di teatro. Gli altri sono tutti cittadini di Africo e dintorni e spesso siamo stati noi a far da spalla a loro. Nicola, il personaggio che affianca Luigi nei suoi traffici, è una guardia forestale di Africo. Peppe, cioè colui che fa scatenare la guerra tra i clan, è un ragazzo di Gioia Tauro ed è pescivendolo all’ingrosso. In ogni caso, siamo tutti stati affiancati da un coach. Anche i calabresi hanno dovuto imparare questo dialetto stranissimo che è l’africoto.

Alcuni critici hanno lamentato un’esagerazione nel tratteggiare un contesto così ritualizzato. Tu cosa ne pensi? Esiste ancora quella Calabria, con le donne vestite in nero e quei  rituali legati alla famiglia e ai clan?

La Calabria è una delle regioni più belle d’Italia, ma volutamente abbandonata a sé stessa. È come se gli stessi abitanti abbiano voluto rimanere anonimi. Africo vecchia era una cittadina di 3000 abitanti a 1200 m di altezza in Aspromonte. Nel ‘54 ci fu una alluvione che spazzò via il paese e le famiglie furono costrette ad abbandonare il territorio. Dettero loro una terra promessa alla fine di Locri, che oggi è Africo Nuovo, un paese davvero anonimo. Per esempio, lì c’è una spiaggia bellissima, che è poco sfruttata perché gli abitanti hanno ancora lo sguardo rivolto all’entroterra e ad Africo Vecchio sull’Aspromonte. Quei rituali legati al passato, certo che esistono ancora.

Ti sta portando fortuna il film?

Sta portando fortuna a tutti. L’emozione al Festival di Venezia è stata incontenibile, con circa tredici minuti di applausi. Anche aver vinto nove David su sedici nomination è un successo strepitoso. Ma è soprattutto all’estero che il film sta incontrando il favore della critica e del pubblico. 

Carmela Moretti