Lorena Carbonara, una delle vincitrici del concorso “FutureInResearch”

Di Dino Cassone

Di Dino Cassone

Nel dicembre 2013 la Regione Puglia, mettendo a disposizione ventisei milioni di euro, ha bandito un concorso dal titolo “FutureInResearch”, con l’obiettivo di «favorire il ricambio generazionale all’interno degli atenei pugliesi e per rafforzare le basi scientifiche degli stessi e la capacità di partecipare ai programmi europei». L’intenzione era quella di raccogliere idee progettuali dei dottori di ricerca all’interno dei cinque ambiti delle “Social Challenges”: Città e territori sostenibili; Salute, benessere e dinamiche socioculturali; Energia sostenibile; Industria creativa (e sviluppo culturale) e Sicurezza alimentare e agricoltura sostenibile. I progetti arrivati, oltre un migliaio, sono stati in prima battuta valutati dall’Arti (Agenzia Regionale per la Tecnologia e l’Innovazione). Quindi è toccato alle Università procedere alla selezione finale: centosettanta ricercatori con contratto a tempo determinato (tre anni).

Lorena Carbonara è una delle ricercatrici che hanno superato il bando di concorso nell’ambito della categoria “Industria Creativa”. Ricercatrice di lingua e traduzione presso il dipartimento di scienze della formazione, psicologia e comunicazione dell’Università di Bari, fa anche parte del gruppo di ricerca internazionale “Smurare il mediterraneo: pratiche artivistiche per una poetica e politica dell’accoglienza e della mobilità”. Il progetto da lei presentato dal titolo Traduzione audiovisiva, saperi interdisciplinari e nuove professionalità” ha la finalità di apportare un determinato tipo di innovazione e di approccio creativo alla ricerca. «Il mio ambito – ci spiega la ricercatrice – è poco tecnologico in teoria, perché il mio settore di riferimento è “lingua e traduzione inglese” e poi perché provengo da un approccio culturalista essendomi occupata di studi culturali e sulla traduzione negli anni del mio dottorato e del post dottorato. La mia ricerca è stata difatti condotta sui “Translation studies” (studi sulla traduzione), “Native American studies” (studi sui nativi americani) e “Border studies” (dove border sta per confine). Quindi mi sono occupata delle culture di contatto, di quelle di confine, dei fenomeni di ibridazione e contaminazione culturale, di conflitti e di creatività negli Stati Uniti. La ricerca si concentra su queste tematiche e le loro ricadute specificatamente nell’audiovisivo, nella rappresentazione delle diversità del conflitto culturale, dell’ibridazione linguistica all’interno dei prodotti audiovisivi soprattutto negli Stati Uniti. Per questo motivo ho pensato d’inserirmi in un settore che sta crescendo tantissimo in Puglia: l’industria cinematografica. Il mio progetto, dunque, mira a creare in Puglia una figura professionale che manca (ma che esiste nel mondo): il traduttore specializzato in prodotti audiovisivi. Quando si parla di traduzione audiovisiva non ci si rende conto che è sempre intorno a noi, a cominciare da qualsiasi film che viene doppiato in italiano, oppure i sottotitoli che accompagnano film o trasmissioni».

Logo progettoAdesso si tratta di portare avanti l’obiettivo proposto nel progetto presentato, cioè formare traduttori audiovisivi. «Io lavoro in un dipartimento che si chiama “Dipartimento della scienza della formazione, psicologia e comunicazione” e abbiamo corsi di comunicazione, sistemi editoriali ecc. ecc. Quindi la finalità del mio gruppo di ricerca è quello di creare un laboratorio permanente di traduzione audiovisiva (che coordinerò personalmente) in modo che i ragazzi si possano specializzare non come traduttori tout court, ma come traduttori dei linguaggi audiovisivi, dato che nella nostra regione esiste la realtà molto grossa dell’Apulia Film Commission. Quindi, in sostanza, il progetto mira a creare, in tre anni, un network tra l’Apulia Film Commission, le imprese che si occupano di innovazione tecnologica in ambito di sottotitolazione e doppiaggio, l’Università degli Studi di Bari (che ha fortemente abbracciato l’arrivo dei progetti innovativi nell’ambito della tecnologia dei nuovi media, dell’accessibilità ad essi e della tecnologia dell’industria creativa) e gli Enti. Non dobbiamo dimenticare infatti che due forme di traduzione per l’audiovisivo sono la sottotitolazione per i non udenti (che aprirebbe le porte del cinema a tutti loro) e l’audio-descrizione per i non vedenti. La traduzione per me è una forma di accessibilità che può diventare anche per i diversamente abili».

Questa prima fase prevede dei laboratori di traduzione audiovisiva nelle scuole, in modo che si possano formare ragazzi prima che arrivino all’Università, anche come forma di orientamento e di specializzazione. Lorena Carbonara, infatti, ha appena iniziato il laboratorio nel liceo scientifico “Leonardo da Vinci” di Fasano, grazie alla disponibilità della dirigente Maria Stella Carparelli. E sul futuro di questo interessante progetto, la ricercatrice ha le idee molto chiare: «Per portare avanti questo progetto sicuramente si avrà bisogno di trovare finanziamenti. Perché si possa creare una realtà stabile e duratura tre anni non bastano, sono appena sufficienti a creare l’impalcatura di tutto ciò, per creare uno spin-off. Per farlo diventare qualcosa di concreto ci sarà bisogno di fondi, anche perché si tratta di avere le attrezzature specializzate».

Dino Cassone