Miserrima Italia, sempre ultima nel difendere la dignità dei ” Senza lavoro”

1 Palazzo reale Bruxelles(di Mariella Calisi)
In Belgio si chiama Minimax, una rendita mensile di 650 euro elargita ai meno abbienti; in Lussemburgo abbiamo il Revenu Minimum Guaranti, un reddito individuale che si aggira intorno ai 1100 € e che si ottiene fino al raggiungimento di una migliore condizione economica. In Olanda esiste il Beinstand, rilasciato a titolo individuale e il Wik, che si aggira intorno ai 500 euro ed è garantito agli artisti per poter permettere loro di esprimere la propria creatività; in Austria il Sozialhilfe e in Norvegia il reddito di esistenza. Ultima, ma mai ultima, la Germania con l’Arbeitslosengeld II, una rendita mensile di 345 euro che copre costi di riscaldamento e affitto, garantita in maniera illimitata nel tempo non solo ai tedeschi, ma anche agli stranieri che sono in possesso di regolare permesso di soggiorno.

2 sciopero al parlamento europeoCome possiamo ben notare, in diversi paesi europei esistono già da molti anni varie forme di reddito di base accompagnati anche da altre forme di sostegno al reddito. Nel 1992, l’Unione europea aveva invitato gli stati membri ad adeguarsi a chi aveva già introdotto nelle proprie politiche il reddito di base. La raccomandazione 92/411 impegnava gli stati a garantire tali tipi di sostegni. Gli unici due paesi che accolsero l’appello furono il Portogallo e la Spagna. L’Italia rimase sorda a tali richieste. Però c’è da dire che ci troviamo al primo posto per quanto riguarda le risorse destinate alle pensioni e questo ci fa capire quanto siamo un Paese ancorato al passato che non guarda alle nuove generazioni se poi, di fatto, andiamo a tagliare i costi delle scuole (giusto per fare un esempio). L’esistenza di queste forme di sostegno, oltre a garantire un minimo di vita dignitosa, spiega perché nei paesi del nord Europa sia quasi inesistente il lavoro nero così come le raccomandazioni (diventate normalità nel nostro anormale paese), spiega l’esistenza della flessibilità del lavoro in quanto un soggetto ha la possibilità di cambiare impiego fino a trovarne uno che meglio si confà ai suoi percorsi formativi, alle sua inclinazioni ed esigenze, perché i periodi di disoccupazione sono coperti dal punto di vista economico. In Italia mancano queste sicurezze che dovrebbero essere alla base di uno stato sociale. Un giovane che entra nel mondo del lavoro deve avere la possibilità di scegliere tra le varie opzioni che sono a sua disposizione. Deve poter mettersi in gioco e sperimentare le proprie idee in un mercato aperto, ecco il perché della richiesta delle liberalizzazioni da parte dell’Europa. Per demolire le corporazioni e le lobby che sono la piaga della società. Perché se un soggetto vuole svolgere l’attività di farmacista, di notaio o avvocato, non deve necessariamente avere il padre farmacista, notaio o avvocato. Perché non si riesce a capire che un conto è la precarietà con la certezza di un alloggio e un minimo di reddito e un altro conto è la precarietà con il nulla? Oggi esistono forze politiche che si fanno portatrici di tali istanze? Ma soprattutto esiste una sinistra che faccia da garante? Introdurre sostegni di questo tipo arginerebbe il fenomeno della marginalità, del lavoro nero, della ricattabilità, del lavoro sottopagato. Significherebbe non vendersi al mercato del miglior offerente e non cadere vittima dei continui ricatti dei sistemi clientelari sui quali si poggia uno dei meccanismi più antichi del nostro sistema. E forse per questo motivo che in Italia non è mai stato introdotta questa misura di welfare. Dunque, qual è la morale? Bisogna innanzi tutto stabilire una base economica che permetta all’individuo di vivere un’esistenza dignitosa e forse, dopo, potremmo cominciare a sentirci meno cittadini europei di serie B.

Mariella Calisi