Teatro Purgatorio di Bari – “La pulce nella farina si crede mugnaio” (visto il 18 marzo 2018)

di Francesco Monteleone

Dopo 39 anni di recite comicissime, interpretate con costanza e rigore al servizio di altri registi, Franco De Giglio ha scritto e messo in scena la sua miglior commedia, dimostrandoci di aver acume e profonda moralità, oltre che spirito burlesco.

Quattro membri di una famiglia barivecchiana e due giovanotti di differente origine sociale sono i personaggi che servono a sviscerare una tenera storia d’amore ambientata in un tempo non lontano nel quale solamente il capifamiglia doveva procurarsi il lavoro, le donne stavano a casa a rassettare, i vecchi erano nutriti e assistiti e tutti gli inevitabili disaccordi, causati dalla vicinanza, venivano risolti con l’affetto e il rispetto dei ruoli.

Dato l’equilibrio raggiunto nella prima replica e avendo constatato il consenso contagioso degli spettatori non ci rimane che incoraggiare De Giglio a farlo ancora, a scrivere, dopo questa, un’altra storia altrettanto commovente e divertente.

Nella commedia che qui teniamo in giudiziosa considerazione si alternano quelle trappole verbali e visive che fanno certamente divertire il pubblico, ma non veliamo il vero se scriviamo che il capocomico ha raggiunto il culmine della sua poetica, caratterizzando i personaggi con acutezza, semplicità e serenità.

De Giglio è un uomo tradizionale; gli piacciono quelle storie umane che vengono tramandate con la narrazione orale nei sottani baresi, fino a quando il teatro non le mette in scena. Franco ha saputo metter le mani nell’iconografia popolare, nelle mutazioni dialettali, nei progetti della povera gente, riuscendo a trasmettere quelle valenze simboliche che ci fanno venire nostalgia di un piccolo mondo domestico che forse non esiste più.

Gli attori di questa temporanea compagnia sono tutti bravi e profondamente espressivi; nonostante hanno avuto poco tempo per provare nelle prime repliche, non si accavallano nella recitazione, sanno improvvisare quando è necessario; immettono, con la loro simpatia, quella intensa luce psichica che mette in ombra la rudimentale scenografia.

Lia Deandri attrae con le ciocche di capelli biondi, i fianchi quotati alla borsa di Piazza Mercantile e l’istruita verve di chi ha aperto molti sipari; possiamo godercela nel ruolo di una mamma generosa, contro la quale si infrangono le menzogne, le voglie e le pretese maschili.

Simona Rutigliano, con una recitazione audace e realistica, interpreta la ragazza che svela la condizione di fragilità femminile, soprattutto nelle classi meno abbienti; l’amore irrompe nella sua vita, ma ella non ha tutti gli anticorpi per difendersi dai ricatti, eppure…Simona sa cantare bene (e perché non pretende di cantare dal vivo?)

Luca Mastrolitti ha accettato di recitare il personaggio caricaturale più sciocco. L’antieroe è sempre la parte più difficile in teatro, soprattutto per un esordiente. La recitazione di Luca è ancora cruda, sempre sospesa sul filo dell’eccesso, ma vale doppio. Così l’ottimo ragazzo sta reagendo all’abbandono del fratello che se n’è andato senza dirgli (e senza dirci) perché. Sulla ribalta, la sua somiglianza a Stefano risulta dolorosa, ma coraggiosa; ora Luca possiede un gran sorriso per combattere le forze oscure e i mostri che lo circondano, che ci circondano.

Lodevole anche il contributo di Enrico Zambrini, il quale ha la parte di un orfano che sembra costantemente penalizzato dal destino; in realtà dal copione riceve in dote i migliori colpi di scena e sarà lui il portatore del lieto fine. Il mondo viziato dall’antica malattia dell’utilitarismo, è sconfitto dall’onestà.

La scelta più sensata di Franco De Giglio è stata quella di occupare meno spazio teatrale con il suo personaggio, per passarlo ad un attore di peso (anche fisico) come Gianni De Marzo che non merita certamente di fare la spalla. Il risultato è una gara a chi fa più divertire, tra due attori maturi che si mettono alla prova ogni giorno, come il primo giorno della loro carriera. Perché Gianni è bravo? Perché ha l’abilità istintiva di trasformare le sue parole in fantasmi che gli ruotano attorno, facendogli le smorfie. Il bello è che lui quei fantasmi non li vede, gli spettatori invece sì. E si divertono tanto.

Francesco Monteleone