TELEPERFORMANCE IN ‘MAGLIA ROSA’

EDITORIALE di Nicola di Ceglie

 

“Dove le donne lavorano fanno più figli”.  Se fossi Marx inizierei così il capitolo primo del libro dedicato alla parità di genere, perché questa è una verità robusta che corrisponde ai fatti. Ma io non sono l’ideologo del neo-Materialismo e mi accontento di gioire in silenzio quando passo nelle vicinanze di Teleperformance, pensando alle lavoratrici che lì dentro si battono per esistere. Quelle donne sono fantastiche. Esse mangiano l’aria col minerale di ferro, abitano nei brutti quartieri tarantini al capezzale della zona industriale, ‘resistono’ e non vogliono dipendere dagli uomini. Ogni giorno, compresse nelle postazioni del gigantesco call center, le ho viste diventare ‘adulte’ difendendo i diritti e la vocazione biologica. Fanno figli, crescono figli, educano i figli ad una vita migliore. E si sentono favorite dalla sorte perché Taranto, antichissima regina della Magna Grecia da 40 anni è fetida, immiserita, ammalata, degenerata. Il futuro che sognano è un atto di volontà e d’amore; con il loro stipendio aumentano la serenità familiare. Le donne di Teleperformance sanno istintivamente che dove c’è famiglia c’è casa. Dove c’è casa c’è Stato. Dove c’è Stato c’è un modello di società.
Ebbene, questa storia civile può finire perché i padroni francesi della multinazionale non hanno saputo raggiungere il fine concreto di arricchirsi e vogliono ‘delocalizzare’, cioè scappare in zone a più alto sfruttamento. Invece di rafforzare l’alleanza tra capitale e lavoro (sostenuta corposamente dalla Regione Puglia) gli strateghi della crisi hanno compilato e comunicato ai giornalisti un bilancio passivo, sputando sentenze e minacce contro i lavoratori. L’editoriale ha poco spazio per una risposta chiara ed efficace che la CGIL vorrà dare molto presto. Ma tra tutte le accuse pronunciate dall’amministratore Gabriele Piva, le illazioni sull’assenteismo sono state le più irritanti sindacalmente ed ho armato la mia penna. Gli azionisti della multinazionale sono abituati a confrontarsi con masse passive e paurose. Non capiscono che nel meridione d’Italia avere dipendenti che fanno figli significa gestire uomini e donne che credono nel futuro e spingono tenacemente per migliorarlo, non certamente per deteriorarlo. Il latte, gli asili, l’educazione sportiva e artistica, come profetizzava giustamente Adriano Olivetti, non sono un aggravio del costo del lavoro, ma la rendita più alta per un investitore industriale. Il capitale deve produrre profitti, ma soprattutto generare buoni cittadini e cittadine.
Qualche giorno fa ho moderato un dibattito sulla crisi di Teleperformance con Teresa Bellanova, sottosegretario al Lavoro, con Andrea Lumino segretario della SLC CGIL di Taranto e con Gino D’Isabella segretario generale della CGIL di Taranto. Le soluzioni immaginate dal governo e dai sindacati (regole nuove per gli appalti, burocrazia amica, infrastrutture) serviranno sicuramente ad affiancare l’azienda che peraltro ha tanta ragione quando chiede di essere incentivata con sgravi contributivi. In questa vertenza a me non è piaciuto l’attacco ai lavoratori dei dirigenti e l’a.d. Gabriele Piva dovrà porre rimedio a quella volgarità aziendalistica. “Il capitale vale, il lavoro produce” scrisse nell’800 il super intelligente filosofo Proudhon. I francesi di Teleperformancesi ispirino a lui, provino a realizzare un ideale morale ed estetico. Invece di piangere sui soldi persi paghino consulenti creativi che sappiano rigenerare il loro futuro industriale. Altro che licenziamenti, cassa integrazione, tagli e altre mostruosità capitalistiche: aumentino di 200 euro lo stipendio dei volenterosi dipendenti tarantini. “C’è chi elargisce e la sua ricchezza aumenta” insegnava il saggio e potente Salomone. Signor Piva, dia una ripassata alla Bibbia.

 

Nicola Di Ceglie