“Tutto quello che vuoi”, di Francesco Bruni

Di Dino Cassone

Nessuna vergogna a confessare che abbiamo pianto durante la visione di “Tutto quello che vuoi”. Grazie all’indimenticabile interpretazione di Giuliano Montaldo (eccelso regista) che alla veneranda età di 87 anni ci ha regalato una perla di eleganza, misura e dolcezza sconfinate. A fine film l’istinto di alzarsi e correre fuori a cercare un Giorgio da accudire è fortissimo. Terzo film firmato da Francesco Bruni (dopo l’esordio clamoroso con “Scialla” e l’opaco “Noi”), la pellicola, presentata in anteprima all’ultima edizione del Bif&st di Bari (accolto con un’ovazione in sala), ha ottenuto 5 candidature ai Nastri d’Argento vincendo quello come migliore sceneggiatura (dello stesso Bruni), come miglior fotografia (Luca Bigazzi) e il Nastro Speciale andato a Montaldo. E proprio durante il Bif&st Montaldo, emozionato per il successo ricevuto dal film, si era detto felicissimo di aver interpretato il ruolo del protagonista e di essersi divertito a recitare col suo giovane comprimario, il talentuoso Andrea Carpenzano.

Alessandro (Carpenzano), giovane, bullo e ignorante, con una situazione familiare difficile (ha perso la madre in tenera età e suo padre ha una nuova giovane compagna), trascorre le giornate a cazzeggiare e spacciare in compagnia di tre amici fino a quando suo padre gli trova un lavoro: deve fare da accompagnatore a un anziano signore. Giorgio (Montaldo), un poeta ormai dimenticato da tutti, è una persona elegante nei modi ed è affetto di Alzheimer (proprio come il padre di Bruni cui il film è dedicato); per questo vive perso tra i ricordi di una gioventù difficile ai tempi della Seconda Guerra Mondiale e di un misterioso tesoro nascosto tra i versi, incisi sulle pareti del suo studio.      

 Giorno dopo giorno, tra una passeggiata e l’altra (magnifici gli scorci di Roma), tra una fumata e una bevuta proibite per il malato Giorgio, il rapporto tra i due diventa più forte, denso di tenerezza e complicità. Indispensabile per entrambi. Una storia di formazione già vista in altre trame, è vero, che però ha il pregio – e di questi tempi non è poca cosa – di non cadere mai nella banalità, nemmeno con il garbato richiamo alle avventure dei protagonisti di “Goonies”, il film culto per noi ragazzi degli anni ’80, nelle sequenze finali tra le spettacolari montagne toscane alla ricerca del misterioso tesoro.

 Un film molto bello, recitato benissimo (nel cast c’è anche la notevole Donatella Finocchiaro) e diretto ancora meglio, che meritava miglior fortuna, avendo superato di pochissimo il milione d’incasso, e in pratica svanito dai circuiti, penalizzato dall’uscita a ridosso dell’estate, stagione morta del cinema italiano.

Dino Cassone