Venere in Pelliccia

(di Francesco Monteleone)
Regia di Roman Polanski.
Con Emmanuelle Seigner,
Mathieu Amalric. Prod. Francia,
Polonia, 2013.

 

venereIl film inizia con un piano sequenza nel viale di una città vuota. La camera di ripresa, in uno slargo, vede un teatro malmesso, entra, raggiunge il palcoscenico e sente un regista (Mathieu Amalric) che si lamenta perché non è riuscito a trovare un’attrice protagonista per la sua pièce teatrale. Insoddisfatto dei provini Thomas (è il nome del eprsonaggio) decide di raggiungere la sua civilissima fidanzata per la cena, ma improvvisamente gli cade dal cielo una dea (Emmanuelle Seigner) sotto le mentite spoglie di un’attricetta che vuole quella parte nella commedia…Così inizia la persecuzione psicologica di una donna, apparentemente procace e stupida, che mette alle corde un letterato costretto lentamente a confessare tutte le sue perversioni. Roman Polanski è un gigante del cinema che sta invecchiando con una brutale lucidità. Altro che mandrillo e tutte le chiacchiere sulla sua libidine. Del cercopiteco egli semmai ha la fortissima dentatura con la quale stacca pezzi di cuore dal corpo morale degli ipocriti.

Quest’opera non è del genere ‘moquette’. Per vederla si sconta un prezzo salato e chi se la sente di pagarlo, esce dal cinema stanco rifinito. Bisogna concentrarsi su un dialogo di 90 minuti, intensissimo, tra due persone che dimostrano di essere straordinari palleggiatori di menzogne e verità. In compenso per noi, Polanski come un generoso scambista, ci fa ammirare la bellezza virale di Emmanuelle, sua moglie, che dopo avergli dato due figli, ha ancora un corpo raggiante e un talento recitativo abbondante, anzi stupefacente come il suo ‘culo’.  Mathieu Amalric si è dimostrato è un attore da gare olimpiche. La sua faccia è una finestra tersa sull’animo maschile. Solamente i grandi artisti sanno resistere così a lungo senza sbagliare una battuta, nelle mani di un regista di alta scuola. Questa ‘Venere in pelliccia’ è un fulmine che carbonizza i nostri ceppi.

 ‘Non sono da temere gli dei’ fu il primo dei quattro farmaci per diventare saggi che ci prescrisse il geniale Epicuro. Non sono da temere gli dei perché essi sono immortali e beati e se ne fregano delle beghe degli uomini. Invece nel film di Polanski una dea entra nella vita di un uomo e lo ingrassa di piaceri sconosciuti. Gli ultimi 4 minuti di questo ennesimo miracolo di bellezza sono un dono impagabile per gli occhi.

Francesco Monteleone