Il Fasano Calcio come il F.C. Barcelona

Di Dino Cassone

 

Il legame per la propria terra d’origine e per una passione – come quella sportiva – possono essere talmente forti da spingere un manipolo di tenaci “guerrieri” a vincere battaglie importanti. È quello che sta accadendo a Fasano, la più grossa cittadina in provincia di Brindisi, dove da oltre un anno la squadra di calcio è in mano ai propri tifosi –essendo stata rilevata dalla vecchia società proprietaria, l’Us Città di Fasano –, e che per tutelare la stessa e per tutelarsi hanno costituito, il 22 gennaio 2016, una vera e propria associazione di promozione sociale chiamata “Il Fasano siamo noi”. E deve trattarsi di una cosa genetica perché lo stesso accadde nel lontano 1959, quando un gruppo di baristi risollevò le sorti della squadra cittadina. Per conoscere i dettagli di questo meraviglioso esempio di puro agonismo sportivo, abbiamo incontrato il presidente, Antonio Carparelli, e uno dei soci fondatori e tifoso tra i più accaniti, Vincenzo Tauro.

Antonio, ci vuoi raccontare come sono andate le cose?

«Nel dicembre 2016 la società aveva diverse difficoltà economiche e non solo, erano parecchie le cose che dal punto di vista di noi tifosi non andavano come avrebbero dovuto. Come spesso accade nelle tifoserie abbiamo montato una protesta chiedendo alla società di lasciare; questo è davvero accaduto e così noi tifosi ci siamo ritrovati all’improvviso a dover gestire le sorti della squadra. Abbiamo dovuto far fronte al problema economico con una vera e propria colletta tra i tifosi e andando a raccogliere ogni singolo euro dai commercianti che volevano sostenerci; quindi a programmare le varie partite e soprattutto le trasferte. Da qui è nato il progetto di costituire un’associazione che disciplinasse – come una vera e propria associazione sportiva dilettantistica – tutte le nostre attività e che a oggi conta oltre 500 soci. Io sono il presidente, Antonio Carparelli, vicepresidente Donato Potenza, Vito Fasano segretario. Ad affiancarli c’è inoltre una competenza, un “presidente onorario”, Franco D’amico, già in passato presidente dell’As Calcio Fasano».

Ci sono altri esempi come il vostro in Puglia?

«Ci sono altri esempi di calcio gestito dall’azionariato popolare, ma noi siamo una storia a parte, perché abbiamo voluto ereditare e conservare tutta la storia e il blasone del Fasano Calcio (che militò anche in serie C) e con essa tutti i tipi di tifoseria. Per evitare il fallimento della società e quindi l’oblio di una lunga storia sportiva».

In cosa consiste il vostro ambizioso progetto?

«Continueremo assiduamente a impegnarci nel sociale, che è stata poi la nostra fortuna. Tutto è nato dalla curva sud e dalla passione degli ultras: già in passato avevamo collaborato in azioni di beneficenza, con le scuole, con associazioni per la tutela e la cura dei disabili, con “Fasano Antirazzista” che si dedica ai problemi d’immigrazione e quelli dei territori palestinesi e ultima, oppure aiutare ragazzi e famiglie in difficoltà. La gente attraverso noi sta venendo per la prima volta o sta ritornando al “Vito Curlo” – il nome dello stadio fasanese – per riscoprire cosa dignifichi respirare l’odore di quel campo».

A proposito, in campionato le cose vi stanno andando bene…

«Benissimo, direi. A dimostrazione che con una programmazione oculata e con la passione si possono raggiungere ottimi traguardi; speriamo che con il nostro esempio la gente torni a innamorarsi del calcio, troppo bistrattato in questi ultimi anni.

Vincenzo, è vero che Fasano ha due tifoserie distinte?

«In effetti, ci sono due gruppi organizzati: gli “Allentati Fasano”, ormai storico, che il prossimo 17 aprile compie 29 anni, e la “Fasano Ultras”, nata 6 anni fa e che fino a qualche tempo fa – per classici dissapori – seguiva le partite in tribuna. Poi la passione e l’amore per la squadra hanno prevalso e i due gruppi si sono uniti per dare un unico grande sostegno. Siamo andati in controtendenza rispetto al panorama ultras nazionale, dove invece prevaleva la separazione. Qui da noi ha prevalso il buon senso, e il risultato è sotto gli occhi di tutti»

E le istituzioni in tutto questo?

«Le nostre porte sono apertissime. Per ora stiamo facendo tutto con le nostre forze e con il contributo della fascia medio bassa, ci auguriamo che possa giungere anche una mano dalle istituzioni e dagli imprenditori. Non abbiamo bisogno di tantissimo, ma se pensi che la nostra maglia ancora non abbia uno sponsor ufficiale….»  

 Prossimo obiettivo?

«Più di uno veramente. Intanto siamo in finale in Coppa Italia, poi il ritorno in eccellenza – la squadra è partita, per scelta, dalla seconda categoria – è ormai cosa fatta, mancano 5 giornate e siamo a + 11, siamo primi in quasi tutti i campionati giovanili. Ecco vorremmo potenziare il settore giovanile che rappresenta la risorsa principale per la squadra ufficiale, basti pensare che tre quarti dei calciatori siano fasanesi e tra questi alcuni davvero molto giovani, classe ’99. Altro obiettivo imminente è la ristrutturazione dello stadio che non è ritoccato e riqualificato da ormai trent’anni e che invece può e deve essere sfruttato meglio: per i giocatori allenarsi nel proprio stadio è il massimo».

A questi ragazzi va davvero tutto il nostro rispetto e un grande plauso: stanno dimostrando che se si lavora con un unico obiettivo, lasciando da parte le invidie e usando come merce di scambio il rispetto, si può raggiungere l’impossibile.

Dino Cassone