A ogni santo la sua candela di Stefano Crupi

Di Dino Cassone

Di Dino Cassone

La copertina di “A ogni santo la sua candela” (ed. Mondadori) è magnetica e riuscita. Un affascinante giovanissimo “colletto bianco” che ti guarda con un paio di diamanti azzurri al posto degli occhi. Lo sguardo da carogna è già una citazione cinematografica: «tenete presente il film ‘Arancia Meccanica’ di Kubrick? Beh, che quello mio figlio ha lo sguardo che somiglia giusto giusto a quello del protagonista Alex DeLarge, il capo dei Drughi!», direbbe Maristella, la madre di Ernesto nel romanzo.

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Stefano Crupi, alla sua seconda prova d’autore, firma un romanzo interessante. Che fa discutere, e quindi riuscito anch’esso. Storia del giovane Ernesto, figlio della Napoli più umile dei Quartieri Spagnoli, fresco di laurea in Economia, alle prese con il difficile mondo del lavoro in uno dei momenti storici più critici per la nostra penisola dal dopoguerra. La medicina giusta gliela fornisce sua madre: mettersi dietro il santo “migliore” perché «ogni santo vuole la sua candela, il segreto è sa­per scegliere quello giusto». Ed ecco che tra sgambetti e colpi bassi il giovane Ernesto salirà la china del successo nella Club Service, l’azienda dove sarà assunto (e non limpidamente) diretta da Caputo, uno squalo del commercio. Salvo poi discenderla altrettanto velocemente in un gioco al massacro morale e non solo. Perché, secondo l’autore, alla fine è sempre difficile fare il salto di qualità e di categoria, perché è difficile ignorare da dove provieni e cambiare. «Chi è nato da queste parti il quartiere se lo porta sottopelle. Può provare a scap­parne, però il quartiere non lo lascia, non lo lascia mai». Termina con amarezza il nostro.

La vera protagonista del romanzo, però, è proprio Maristella. Una figura potente di mater dolorosa, alla Magnani, per intenderci, legata da un rapporto anche abbastanza morboso. Come quasi tutte le madri con i figli maschi, forse. «Sono una madre e le madri lo sanno bene che i figli, prima o poi, ritornano sempre. Alla fine capiscono – tutti – che non potranno trovare nulla che anche solo possa eguagliare l’amore incondizionato di chi ha dato loro la vita». Già, o purtroppo?

«Dietro ogni grande uomo, non c’è una grande donna, c’è una madre. Solo le madri desiderano davvero il bene dei loro figli, solo le madri». Basta questa frase per capire con chi abbiamo a che fare: una madre che cerca disperatamente il riscatto attraverso la possibile carriera di suo figlio. Che non avrà il destino da lei sperato, nemmeno con l’intervento di un vecchio amico, il potente boss Alfonso Malatesta. Perché al peggio non c’è mai fine.

Dino Cassone