FURY. Regia di David Ayer. Con Brad Pitt, Shia LaBeouf, Logan Lerman, USA 2014

di Francesco Monteleone

di Francesco Monteleone

E’ l’Aprile 1945… La prima didascalia contiene un ingiustificabile apostrofo e una maiuscola in più. Cominciamo bene! Ma perché le case di produzione cinematografica non mettono a fianco di chi fa i titoli e la grafica, un laureato in Lettere che eviti gli errori di ortografia? Pagano cifre enormi a ignorantissimi attori e non impegnano 100 euro per salvare la lingua italiana! Chi diffonde una lingua scritta con sciatteria dovrebbe pagare multe salatissime, per rifinanziare la povera scuola abbandonata a se stessa. Ma qui non si dibatte di linguistica; a nostro avviso i film di guerra sono il peggior prodotto cinematografico, per due ragioni: 1) la guerra non viene raccontata per quello schifo che realmente è. Violenze, mutilazioni, paura ecc. sono al servizio dello spettacolo e l’orrore sembra tutto bello. 2) nei film bellici non c’è analisi storica. Dall’inizio si sa che i belli vincono e i brutti perdono. Chi ha messo i soldi per le riprese può manipolare i fatti accaduti a suo piacimento, insomma fa propaganda.
Questo film di Brad Pitt è particolarmente infantile. Il protagonista se lo è autoprodotto e per due ore ha giocato ai soldatini con la pellicola, facendo come i ragazzini che portano il pallone e devono giocare per forza nella squadra che vince. Tutto qui. Un tank Sherman battezzato Fury si è salvato dalla guerra in Africa contro i tedeschi e dallo sbarco in Normandia e ora, in solitudine, conquista le città della Germania con una facilità sorprendente. È giusto sottolineare che le disgraziatissime squadre che manovravano i carri armati mediamente non vivevano più di due mesi; poi finivano arrostite sopra una mina anticarro o colpite da potenti attacchi di cannone avversari. Il sergente Don Collier si comporta da esaltato, affermando in continuazione che l’interno del tank è il posto dove si sente più realizzato. Queste menzogne avviliscono la sacralità della vita stessa, che è brutalizzata dalla stupida volontà distruttiva dei ‘generali’. Vi risparmiamo la storiella da quattro soldi sceneggiata da David Ayer. Pagare il biglietto per queste furberie americane è un peccato morale. Con solennità viene scandita una frase indimenticabile che non significa nulla di nulla: “Gli ideali sono pacifici, la storia è violenta” Questo dovrebbe essere l’insegnamento morale dopo due ore di ammazzamenti musicati e amplificati in dolby. Alla fine si salva il più fesso; l’attore Logan Lerman dopo aver partecipato a una carneficina, si nasconde per una notte intera nel fango e la mattina successiva va ad abbracciare i corpi sanguinolenti dei compagni defunti. Ma, all’arrivo dei nostri, Logan occhi di gatto fuoriesce dall’indistruttibile Sherman con una maglia di lana militare pulitissima e stirata. Dunque, prima dell’ultima inquadratura inneggiante all’eroismo americano, il regista lo ha fatto passare da una fantastica lavanderia. Ci faccia il piacere Signor Pitt! Recitare è il suo mestiere, ma non si allarghi a vicende che esigono studio e pragmatismo, anche se si tratta di cinema d’evasione.

Francesco Monteleone