Il gioco delle parti in “Romeo vs Amleto” di Fabiano Marti

Di Dino Cassone

L’idea di base dello spettacolo “Romeo vs Amleto”, scritto una decina di anni orsono da Fabiano Marti e che ha debuttato lo scorso maggio, è già una genialata: far incontrare due personaggi, Amleto e Romeo, eterne icone del teatro mondiale, sul palco. E già qui il primo indicativo messaggio: il teatro può tutto. La vera genialata, però, è che i due personaggi, venuti fuori dalla formidabile e inarrivabile penna di Sir William Shakespeare, oltre che a interagire tra loro, non la mandano a dire nemmeno all’autore che li ha creati. Con ironia, sarcasmo e un velo di risentimento. E qui che, per la prima volta, le “parti si scambiano” in un sottile gioco al massacro: i personaggi si ribellano alla crudeltà e alle ingenuità di scrittura (a loro dire) del Bardo, colpevole solo di inseguire il successo e l’immortalità.

Ma procediamo per ordine. Da qualche parte nella mente del genio di Stratford-upon-Avon, un tontolone Romeo (interpretato magnificamente da Federico Della Ducata che in questo ruolo si è superato dimostrando padronanza assoluta dei registri attoriali, dal comico al drammatico) è alla ricerca di un personaggio, di cui non conosce il nome ma solo qualche indizio scritto in un biglietto, che, creato dal suo stesso autore qualche anno dopo il suo, potrebbe togliergli il ruolo assoluto di preferito nel cuore di chi l’ha scritto e anche del pubblico. Per questo lo deve eliminare. Incappa proprio in Amleto (che dire di Fabiano Marti che già non sappiamo? Chapeau!), il principe di Elsinora alle prese con i drammatici eventi che riguardano la sua famiglia.

L’incontro tra i due diventa subito un gustoso scontro fatto di gag mirabili e di dialoghi fulminanti: da una parte il danese con i suoi innumerevoli dubbi, dall’altra il giovane disperato amante italiano, con evidenti difetti di pronuncia nel suo dialetto veronese, che però, mosso da compassione per il nuovo amico, lo aiuterà a risolvere i suoi problemi, salvo scoprire alla fine che chi cercava è proprio Amleto. E qui il “coup de theatre”, in uno dei passaggi più belli e intensi dell’atto unico: Amleto non è altri che lo stesso Shakespeare e il duello fisico si trasforma in un superbo duello verbale tra l’autore e il personaggio da lui creato. Se da una parte Romeo accusa il drammaturgo di scrivere solo per la fama e per sopravvivere alle sue creature, dall’altra il Bardo, malinconicamente, ammetterà che sarà invece lui a passare mentre i suoi personaggi resteranno per sempre incisi nella memoria collettiva. Marti nel suo meraviglioso copione non risparmia nemmeno un pesante monito a Romeo (e magari a tutti gli attori che peccano di superbia?): così come ogni attrice sogna di interpretare almeno una volta nella propria carriera il ruolo di Giulietta, ogni attore sogna di vestire i panni del tormentato principe di Danimarca e non quelli dello sfortunato amante veronese. Romeo è destinato a essere sempre secondo e a cedere l’onore delle armi ad Amleto. Come a dire che bisogna sempre restare con i piedi per terra e dover riconoscere chi ha più talento.       

Un gioco, divertente e feroce al tempo stesso, che vede incastrarsi alla perfezione le singole storie umane dei due personaggi, mentre, sul palco immaginario di una sorta di cassetto della memoria (bella la ricostruzione del Globe Theatre, tanto caro a Sir William), scorrono frammenti della tragedia delle tragedie, quella di Amleto appunto. Impeccabile la regia firmata da Giuseppe Miggiano, che assieme a Federico Della Ducata, a Donato Chiarello e Luigi Giuncato (questi ultimi due interpretano con efficacia alcuni personaggi minori all’interno del Globe), fanno parte della ormai storica e blasonata “Compagnia Teatrale Calandra” di Tuglie.

Lo spettacolo ha vinto il premio come miglior spettacolo all’importante concorso “Scena.0” che si è svolto al Teatro Traetta di Bitonto lo scorso ottobre ed è stato finalista al “Gran Premio nazionale del teatro amatoriale”, organizzato dalla Fita, selezionato tra i dieci migliori spettacoli di tutta la penisola. Un inizio entusiasmante, quindi, per questo imperdibile spettacolo che siamo certi farà un lungo e fulgido cammino.

Dino Cassone