Il postino più amato del mondo

Di Dino Cassone

Il prossimo 4 giugno saranno ventitré anni senza Troisi. Un vuoto che si avverte ancora e sempre più pesante: dopo di lui nessuno ha saputo indossare degnamente una maschera comica e dolente al tempo stesso. L’ultimo, memorabile film di Massimo Troisi è stato “Il Postino”, che l’ha, di fatto, proiettato nel mito; oggi l’attore di San Giorgio a Cremano resta “il postino più amato del mondo”.

Il Washington Times scrisse: «Il Postino rappresenta quel trionfo internazionale che Troisi sperava di avere e che non ha fatto in tempo a godersi»; mentre il New York Times – che ha inserito il film nella sua lista dei mille migliori film di sempre – scrisse che «Troisi dà al suo personaggio una verità e una semplicità che significa tutto». Il grande Philippe Noiret – che nel film è il coprotagonista vestendo i panni di Neruda – dichiarò: «Penso che in tutta la storia del cinema, non ci sia nessun film simile. (…) Una cosa che mi faceva sorridere era la sua maniera di parlare, io recitavo in francese, lui né in italiano né in napoletano; recitava come solo lui sapeva fare».

Non della risaputa trama del film vi vogliamo parlare, ma regalare ai cinefili e non solo, succose curiosità che lo riguardano. Tratto da un libro del cileno Antonio Skarmèta, “Il postino di Neruda” – molto amato da Troisi – il film, come ha dichiarato lo stesso produttore Vittorio Cecchi Gori non voleva farlo nessuno, perché si riteneva la storia “troppo locale” e che da Firenze in su non sarebbe andato a vederlo nessuno. Il Postino ha invece incantato pubblico e critica di tutto il mondo: numerosi i premi vinti tra cui l’oscar alla colonna sonora di Luis Bacalov (più avanti parleremo ancora di lui) su cinque candidature tra cui quella allo stesso Troisi come Miglior Attore, fatto abbastanza raro perché ha recitato non in lingua inglese, tra l’altro doppiato per il mercato statunitense niente di meno che da Robert De Niro. A oggi “Il Postino”, con i suoi circa ottanta milioni di dollari, è il secondo film italiano – dopo “La vita è bella” di Benigni – che ha più incassato in tutto il mondo.

Solo in Italia – sicuramente per una questione “di botteghino” – Massimo Troisi è accreditato come co-regista del film, mentre in tutto il mondo è accreditato alla regia il solo Michael Radford.

In realtà il provino per ottenere il ruolo di Beatrice fu vinto dalla cantante Mietta, che superò le “colleghe” Monica Bellucci e Manuela Arcuri; la scelta – purtroppo, possiamo dirlo? – cadde su Maria Grazia Cucinotta.

Durante la lavorazione a causa dei problemi di cuore – si era resa urgentissima un’operazione – per alcune scene in cui Troisi era ripreso di profilo, fu utilizzata una controfigura, tale Gerardo Ferrara.

Nel 2013, dopo una causa durata 18 anni, il compositore Luis Bacalov ha riconosciuto al già defunto cantautore Sergio Endrigo – oltre a Riccardo Del Turco e Paolo Margheri – la «co-paternità» della colonna sonora del film. Ci sono volute quindi due sentenze perché il maestro Bacalov ammettesse di «aver copiato» alcuni passi dal brano di Endrigo intitolato “Nelle mie notti”.

Molte le differenze tra il romanzo e il film. Pablo Neruda in realtà, nel 1952 visse per un periodo a Capri e poi a Ischia; il film, infatti, è ambientato proprio nel 1952 mentre il romanzo si svolge nel 1969. Il cognome del postino Mario nel romanzo è lo spagnolo Jemenez, diventato nel film il più verace Ruoppolo. Nel romanzo accade che sia Mario ad assistere l’amico poeta in punto di morte, avvenuta il 23 settembre 1973, e non che il postino muoia prima; quindi il figlio di Mario e Beatrice nel film – al contrario del libro –nasce dopo la morte del padre.

Curiosità o meno, “Il Postino” resta un film di rara bellezza poetica, delicato e divertente grazie a una sceneggiatura spumeggiante e impeccabile; è una di quelle pellicole che non ci si stanca mai di rivedere se si avverte il bisogno di scaldarsi il cuore.

Dino Cassone