Jobs Act: controlli a distanza su Pc e telefonini anche senza l’ok del sindacato

IL DECRETO

La Cgil: “Colpo di mano, daremo battaglia”. Il decreto delegato modifica l’articolo 4 dello Statuto dei lavoratori: l’azienda potrà monitorare i dipendenti senza accordi con il sindacato

di Federica Meta

“Accordo sindacale o autorizzazione ministeriale non sono necessari per l’assegnazione ai lavoratori degli strumenti utilizzati per rendere la prestazione lavorativa, pur se dagli stessi derivi anche la possibilità di un controllo a distanza del lavoratore”. Lo prevede un decreto del Jobs Act che modifica lo Statuto dei lavoratori sui controlli a distanza e su telefonini e pc ai dipendenti.

Ma sulla novità interviene la Cgil secondo cui si tratta di un “colpo di mano”. Per la segretaria nazionale Serena Sorrentino l’iniziativa “pone un punto di arretramento pesante” rispetto allo Statuto dei lavoratori. “Non solo daremo battaglia in Parlamento”, ma anche “verificheremo con il garante della privacy se questo si possa consentire”.

A spiegare nello specifico le novità la relazione illustrativa che accompagna il testo del dlgs in cui si fa riferimento “agli strumenti utilizzati dal lavoratore per rendere la prestazione lavorativa e agli strumenti di registrazione degli accessi e delle presenze” per controllare i quali non servono via libera. In particolare, si tratta dello schema di decreto legislativo sulle disposizioni di razionalizzazione e semplificazione di procedure e adempimenti a carico di cittadini e imprese e altre disposizioni in materia di rapporto di lavoro e pari opportunità, in attuazione del Jobs Act, assegnato – insieme agli altri tre che completano la delega alle Camere per i pareri delle commissioni (per cui sono a disposizione 30 giorni), dopo il primo via libera del Consiglio dei ministri di giovedi’ scorso.

L’articolo 23 del dlgs in questione detta, quindi, la nuova disciplina dei controlli a distanza del lavoratore, riscrivendo quanto previsto dall’articolo 4 dello Statuto dei lavoratori. In pratica le novità riguardano i dispositivi tecnologici (come computer, tablet e telefonini messi a disposizione dei dipendenti dall’azienda) e gli strumenti per misurare accessi e presenze come i badge.

Negli altri casi, invece, per installare impianti audiovisivi e altri strumenti di controllo servono l’accordo sindacale o l’autorizzazione da parte del ministero del Lavoro (per le imprese con più unità dislocate in una o più regioni). I dati che ne derivano possono essere “utilizzati ad ogni fine connesso al rapporto di lavoro, purché sia data al lavoratore adeguata informazione circa le modalità d’uso degli strumenti e l’effettuazione dei controlli, sempre, comunque, nel rispetto del Codice privacy”, si legge sempre nella relazione illustrativa.

Nel dettaglio, l’articolo al primo comma prevede che “gli impianti audiovisivi e gli altri strumenti dai quali derivi anche la possibilità di controllo a distanza dell’attività dei lavoratori possono essere impiegati esclusivamente per esigenze organizzative e produttive, per la sicurezza del lavoro e per la tutela del patrimonio aziendale e possono essere installati previo accordo collettivo stipulato dalla rappresentanza sindacale unitaria o dalle rappresentanze sindacali aziendali”. In mancanza di accordo “possono essere installati previa autorizzazione della Direzione territoriale del lavoro o, in alternativa, nel caso di imprese con unita’ produttive dislocate negli ambiti di competenza di più Direzioni territoriali del lavoro, del Ministero del lavoro e delle politiche sociali”.

E prosegue: “La disposizione di cui al primo comma non si applica agli strumenti utilizzati dal lavoratore per rendere la prestazione lavorativa e agli strumenti di registrazione degli accessi e delle presenze”. Quindi si precisa che “le informazioni raccolte ai sensi del primo e del secondo comma sono utilizzabili a tutti i fini connessi al rapporto di lavoro a condizione che sia data al lavoratore adeguata informazione delle modalità d’uso degli strumenti e di effettuazione dei controlli e nel rispetto di quanto disposto dal decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196”, il codice sulla privacy.

Inoltre con con il Decreto legge 65 attualmente all’esame della Camera, il Governo ha disposto un finanziamento complessivo dei contratti di solidarietà per 290 milioni di euro. “Di questi – spiega la sottosegretaria al Lavoro Teresa Bellanova – 140 destinati ai contratti di tipo B allo scopo di coprire il residuo del 2014 e garantire l’intera copertura per il 2015, e 150 riservati all’innalzamento dell’integrazione salariale dal 60% al 70% dei contratti di tipo A”.

“Abbiamo sempre affermato come uno degli strumenti migliori per garantire i livelli occupazionali durante i periodi di crisi fosse rappresentato dai contratti di solidarietà – puntualizza Bellanova – Con questo importante stanziamento confermiamo nei fatti questa convinzione, andando ad aggiungere un tassello importante al quadro del riassetto del mercato del lavoro. Voglio sottolineare inoltre che nello schema di decreto di riforma degli ammortizzatori sociali il Governo si è impegnato a rafforzarne l’utilizzo. Andiamo avanti dunque in un’opera impegnativa di riforma, ponendo al centro la valorizzazione degli strumenti più efficaci per la tutela e la creazione di nuova occupazione”.

Ieri il presidente di Telecom Italia, Giuseppe Recchi, aveva auspicato un impegno del governo in questa direzione.  “Il nostro impegno è di assumere 4mila persone per rinnovare il capitale umano; bisogna che le leggi accompagnino lo sforzo dell’azienda, se le leggi non sono adeguate non possiamo fare cose impossibili, ci sarebbero 4.000 posti persi”, ricordava il manager, rispondendo alla domanda sul rischio che non ci siano, nei decreti attuativi del Jobs act le coperture per finanziare la solidarietà espansiva necessaria ad aziende come Telecom Italia per attuare le assunzioni promesse.

“Perdere l’opportunità – aggiungeva Recchi – di 4mila nuovi talenti lo trovo deleterio per il Paese e per noi”. Telecom non è la sola azienda interessata alla solidarietà espansiva, ma come chiariva Recchi, è quella che ha messo in campo il maggior numero di assunzioni.

©RIPRODUZIONE RISERVATA 17 Giugno 2015

Slc Cgil Puglia