Le contaminazioni tra letteratura e musica di Maria Grazia Pani

Di Leonardo Cassone

Di Leonardo Cassone

Un libro che racchiude la produzione di quasi un decennio. Parliamo di “TeatrOpera – esperimenti scenici” di Maria Grazia Pani, pubblicato all’inizio di quest’anno da Florestano Edizioni. L’autrice, dopo il diploma in canto lirico, è titolare della Cattedra di Canto al Conservatorio di Monopoli e da qualche tempo si destreggia egregiamente tra la professione di cantante, quella di autrice e di regista delle sue “creazioni”.

Un progetto, ideato nel 2001 e portato avanti con perseveranza e successo, che lei stessa ha definito con il termine di “TeatrOpera” basato sulle “trame parallele” (che ci spiegherà lei stessa più avanti), e che Franco Perrelli, curatore dell’introduzione del volume, definisce: «Un’invenzione aperta, un progetto eminentemente sperimentale che rende senz’altro più accessibile, sia dal punto di vista della produzione e della fruizione, il repertorio operistico che tanto rilievo ha per la nostra tradizione culturale e che altrimenti risulterebbe al di fuori delle grandi istituzioni».

Dieci opere per dieci riscritture parallele, create nel periodo che va dal 2000 al 2008: “Niccolò Piccinni. L’amore e il sorriso di un barese europeo”; “Viva Verdi!”; “Storia di Boheme”; “La Traviata allo Specchio”; “Otello, il sinistro incanto”; “Voce e’ notte – Curiosità e canzoni della Napoli antica”; “Nell’ultimo sguardo del Petruzzelli”; “L’Oro di Wagner”; “Mi chiamano Frou Frou” e “Puccini, mon amour”.

Alcuni di questi testi sono introdotti dalla stessa autrice con impressioni e frammenti di ricordi personali che ne facilitano la lettura, mentre in appendice, sono state inserite una serie d’immagini tratte dai vari spettacoli portati in scena.

Da qualche tempo Maria Grazia Pani sta portando in giro per la Puglia, per promuovere il suo libro, un concerto-spettacolo, e al termine di uno di questi, non ci siamo lasciati sfuggire alla ghiotta occasione di intervistarla.

Nel creare le sue “storie in musica” su cosa si è basata la scelta? Affinità musicali o qualcos’altro?

«Il primo spettacolo, dedicato a Niccolò Piccinni, è nato nel 2000 per celebrare i 200 anni dalla morte del compositore e mi fu commissionato dalla Fondazione “Piccinni” di Bari. La stessa istituzione, visto il successo di questo “esperimento scenico monografico”, mi commissionò l’anno successivo, uno spettacolo dedicato a Giuseppe Verdi nel centenario dalla morte, in una produzione in comune con Fasano Musica. Questo “esperimento scenico” superò notevolmente le attese ed ebbe un successo strepitoso tanto che fu replicato per ben trenta volte in Puglia. Così la stessa Fondazione “Piccinni” insieme a Fasano Musica decisero di commissionarmi un lavoro creativo su un’opera lirica: “Storia di Bohème”. Così nacque TeatrOpera. Anche questo spettacolo incontrò il favore del pubblico e del Teatro Petruzzelli (non ancora Ente lirico) che mi commissionò un nuovo spettacolo per la Stagione 2002/2003. Nacque cosi “La traviata allo specchio”, uno spettacolo cui sono molto legata per tanti motivi. In queste scelte dei soggetti scenici e delle opere ci sono certamente delle mie affinità musicali con gli autori e con le trame, ma soprattutto tutti i miei spettacoli sono nati sempre da sincera e pura ispirazione. Io parto sempre dalla base della ricostruzione storica, dalle fonti, dagli epistolari dalle cronache dell’epoca e quando sono totalmente immersa in questo materiale aspetto che arrivi l’idea, l’ispirazione giusta. Solo quando sono davvero “agganciata”, comincio a scrivere».

L’esigenza di riscrivere una trama “parallela”: perché c’era molto altro da raccontare e che non è stato detto?

«La trama parallela si sviluppa dai personaggi nuovi che inserisco all’interno dello spettacolo e da questi s’intesse una nuova storia. Ad esempio ne “La Traviata allo specchio”, metto in scena il personaggio di Alexandre Dumas e quello di Marie Duplessis mentre vivono la loro storia d’amore, che ispirò poi a Dumas il suo romanzo più famoso, “La dama delle Camelie”. Posso dunque dire che sentivo l’esigenza di raccontare anche altro rispetto alla “Traviata” di Giuseppe Verdi, che naturalmente, è perfetta cosi com’è! Insomma TeatrOpera è qualcosa di assolutamente diverso dall’Opera Lirica originale che è presa in oggetto per realizzare l’esperimento scenico. È una creazione sperimentale, di contaminazione, che trova le sue ragioni nella letteratura e nella storia, oltre che nella musica».

Meglio cantare o scrivere?

«Dare una risposta a questa domanda è davvero difficile perché io ho sempre cantato, sin da quando ero bambina (ho ancora dei vecchi nastri di quando avevo sette anni e cantavo tutte le canzoni dei cartoni animati a memoria e perfettamente intonata!) e ho sempre scritto poesie e racconti sin da quando avevo circa otto anni. Sono pertanto due passioni che si agitano dentro di me da sempre ed entrambe hanno cercato lo spazio per manifestarsi ed esprimersi. Ho continuato a scrivere poesie e racconti (che non ho mai pubblicato) ma quando è arrivata l’occasione di scrivere per il teatro mi sono buttata a capofitto in questa nuova avventura che mi ha dato tante soddisfazioni! Il canto ha a che fare con la mia spiritualità, come la scrittura, ma anche con la mia fisicità… perché cantare, significa suonare lo strumento “corpo” e farlo vibrare, cercando per tutta la vita, i suoni “giusti”, quelli che ci fanno stare bene e che fanno star bene gli altri. Cantare è meraviglioso e mi ha risollevato dopo periodi nefasti (vedi mia malattia) riportandomi alla vita con rinnovato entusiasmo perché la forza della mia voce attraverso la musica riusciva a vincere tutto. Non potrei mai dire se sia meglio cantare o scrivere, perché sono entrambe necessità, bisogni imprescindibili della mia anima. Cosi come non potrei più fare a meno dell’insegnamento del canto… ma questa è un’altra storia».

Dino Cassone