“Le vacanze del piccolo Nicolas”, una scheggia di diamante prezioso

Di Leonardo Cassone

Di Leonardo Cassone

Ci sono piccoli film che pur non trasudando concetti sui “massimi sistemi” riescono a “riempire” e “saziare” anche gli amanti del cinema dal palato più fine. È questo il caso dell’ultima pellicola firmata da Laurent Tirard, “Le vacanze del piccolo Nicolas”, uscito nelle sale italiane a metà aprile. Seguito ideale di quel gioiello che era “Il piccolo Nicolas e i suoi genitori” del 2009, che vede, ancora una volta, protagonista assoluto il personaggio uscito dalla penna di Renè Goscinny e dai disegni di Jean-Jacques Sempè, divenuto oltralpe un caso prima letterario e poi cinematografico. E a giusta ragione, aggiungiamo noi. Questo secondo episodio si sviluppa dalle diciotto storie che compongono il volume “Les vacances du petit Nicolas” pubblicato nel 1962.

E nei coloratissimi anni sessanta è ambientata la pellicola. A scuola terminata («L’ignoranza è responsabile di tutti i mali e l’istruzione è il gladio della Repubblica» è il monito con cui il preside “rompe le righe” letteralmente dei piccoli studenti), si pensa naturalmente alle meritate vacanze. Quelle della famiglia Boisselier (bravi Kad Mèrad e Valèrie Lemercier nei panni di mamma e papà, con una recitazione sempre contenuta), e quindi del nostro Nicolas (semplicemente fantastico Jean Marie Leroy), sono verso il mare all’Hotel Beau Rivage, nonna compresa. Qui s’intrecceranno avventure tipiche della famiglia media in vacanza: amicizie nuove, litigi tra marito e moglie, la suocera rompicoglioni, le piccole scenate di gelosia di fronte alla sfacciataggine di una bionda turista tedesca.

Una sceneggiatura scoppiettante al servizio di un montaggio perfetto, per un film godibilissimo, che tra una gag e l’altra, scivola leggero come i pensieri di un bambino possono essere. E si ritorna magicamente a esserlo quel bambino, almeno per tutta la durata del film. Ci si lascia coccolare dalle musichette beat, ci si lascia accarezzare dagli splendidi colori pastello di una brillante ed efficace fotografia, dalla stupenda scenografia e dai bellissimi costumi. Tutto è al posto giusto, un godimento assoluto per gli occhi.

Siamo dalle parti dei deliri coloratissimi e delle scene surreali di Wes Anderson, con almeno un paio di citazioni “sublimi”: la scena della doccia di “Psyco” e lo sguardo “demoniaco” alla “Shining” della piccola Isabelle, che diventerà, almeno per l’estate, il nuovo amorino di Nicolas. Unica pecca, che sporca lievemente questo piccolo capolavoro assolutamente da non perdere, è il personaggio del produttore italiano (interpretato benissimo dal nostro Luca Zingaretti, peraltro), tratteggiato con i soliti cliché francesi (che si dimostrano sempre meno “cugini”), sull’italiano cialtrone e grossolano. E come poteva essere altrimenti?

Dino Cassone