L’ultima parola – La vera storia di Dalton Trumbo” regia di Jay Roach, USA 2015

di Francesco Monteleone

di Francesco Monteleone

Quando un film unisce un protagonista coraggioso e geniale con una antagonista potente e perfida in una vicenda reale, ma poco trattata nei libri di storia contemporanea possiamo scommettere che sarà riempito di prestigiosi premi internazionali. Questo “Trumbo” (titolo originale) merita tutto il possibile, perché è un film intelligente, emozionante e senza un finale truccato in favore del pubblico.
Il comunista Dalton (interpretato dall’ elevatissimo Bryan Cranston) diventò nei primi anni del dopoguerra lo sceneggiatore di Hollywood più pagato al mondo, ma invece di godersi il lusso derivante dalla ricchezza combatté per i diritti dei lavoratori; era già iniziata la guerra fredda USA – URSS e il povero fesso fu prima diffamato, poi perseguitato dall’ odioso Comitato per le Attività Antiamericane che per anni fece molti danni in nome della Red Scare (la paura rossa) mettendo sotto inchiesta centinaia di progressisti, oltre che personaggi famosi come Walt Disney, Elia Kazan, Arthur Miller e sua moglie Marilyn Monroe. Il Trumbo che riceviamo dall’ottimo regista Jay Roach (“un comunista che disprezza il martirio, ma disposto a rischiare tutto”) dopo 124 minuti ci ha lasciati a bocca aperta e col cuore avvelenato. Egli pagò duramente la sua scelta di campo, ma riuscì a diventare “Il più fortunato tra gli sfortunati” avendo sempre accanto la moglie (anzi un angelo custode) sia nella buona che nella cattiva sorte, fino alla morte. Mettiamola così: la coerenza morale ha la stessa forza della fedeltà in amore.
Quest’opera (da non perdere) è illuminata da raffinatissimi dialoghi artistici, politici, morali, da battute sagaci che potrebbero riempire tre pagine di un taccuino. (La più fulminante è sul patetico ‘duca’ John Wayne). L’America è da sempre un posto speciale per la Verità; essa contiene una varietà di versioni corrette e in conflitto che non possiamo giudicare con leggerezza: ecco le incoerenze meno perdonabili (un attore ricco e solidale verso i colleghi calunniati quando rimane senza lavoro diventa una spia). Ecco uomini potenti che vengono sottomessi a restrizioni rigorose (in America chi non rispetta le leggi fiscali nemmeno i santi possono salvarlo). Dalton Trumbo fu un fuoriclasse della scrittura cinematografica, perché oltre a saper sceneggiare con rara originalità fu un grandissimo soggettista. Non a caso vinse due Oscar senza che nessuno lo sapesse (quando scoprirete con quali titoli quell’artista vi diventerà ancor più simpatico). La parte più entusiasmante del film è, per chi vi scrive, l’incontro professionale tra Trumbo e Frank King, un produttore cinematografico di seconda serie interpretata dal fantastico, fantastico, fantastico John Goodman. Dal rapporto tra i due si apprende come nascono i capolavori e le schifezze; è la diabolica trinità di avidità-ignoranza-fiuto dei produttori che rinunciano a fare un bel film sui pirati semplicemente “perché l’oceano costa”. Altrettanto vigoroso e spigliato è il rapporto tra il mitico sceneggiatore e la figlia preferita, la quale riceve un test sul comunismo che vale più dei Grundrisse di Marx. L’insegnamento irrefutabile che ci rimane dentro? è il solito guasto derivante dalla violenza umana. Gli intellettuali che pensano troppo liberamente sono da abbattere: Socrate, Giordano Bruno, Gandhi, Pasolini, Ipazia, Aldo Moro e tanti martiri senza nome rifiutano la vita agiata e finiscono nelle liste nere dei prepotenti. Così fu anche per Donald Trumbo che si salvò grazie a un pizzico di opportunismo e poté navigare con il vento in poppa solamente nell’ultima parte della sua vita.
Ebbene, signori lettori, sappiate che dopo aver ascoltato il suo testamento spirituale non dovrete rilassarvi; i titoli di coda di questo gioiello cinematografico sono indimenticabili. Tante foto e un’intervista rara nella quale si capisce cosa vuole, più del denaro, uno autentico scrittore: la firma della sua opera. “Finalmente abbiamo avuto i nostri nomi” ci dice Trumbo guardandoci negli occhi, e un pochettino ci commuove.

Francesco Monteleone