Sceche Spirre

(di Francesco Monteleone)

1 manifestodi Vito Carofiglio. Regia di Vito Signorile. Scene di Michele Iannone. Musiche originali di Davide Ceddia. Alle tastiere Roberto Baratto. (visto il 7 novembre 2013).

Con Tiziana Schiavarelli, Roberto Corradino, Nico Salatino, Enzo Vacca, Davide Ceddia, Felice Alloggio, Vito Signorile.

 

2 Vito SignorileVito Signorile, il cui volto rassomiglia sempre di più a quello di Dario Fo, con questa produzione viva del Teatro Abeliano ha illuminato la grazia letteraria dell‘amico e maestro’ Vito Carofiglio che, quando era un corpo smilzo pieno di poesia, tradusse in dialetto barese 6 famosi testi di Shakespeare, pubblicati nel libro ‘TIADRE’. Ora che il prof. Carofiglio è natura universale, il suo amico commediografo, ancora intrallazzato con la vita, si è messo in livrea e lo ha servito con una soluzione teatrale felice, indovinata, fregiata.

Scèche-Spìrre è un affarone per l’Università barese, che senza aver fatto nulla, potrà mettersi in posa, in nome del titolare di Lingua e Letteratura francese presso la Facoltà di Lingue. Scèche-Spìrre è un mandritto al Consorzio del Teatro Pubblico Pugliese che, con tanta buona volontà, ancora non riesce a togliersi d’attorno le insistenti compagnie indigene. Scèche- Spìrre è un’aliquota di meraviglie, per chi si gusta il Bardo anche a frusto a frusto, come il prosciutto ‘alla barese’…Ma che razza di paragoni fai, penna mia? Ok, usa pure un linguaggio burlesco per descrivere il mixage di 5 tocchi di capolavori, in questa commedia che è il secondo gioiello della stagione teatrale 2013 -14.

3 Tiziana SchiavarelliE ora passiamo ad argomentare: Tiziana Schiavarelli, disimballata dai (per lei) facili costumi comici si presenta come una palpitante barivecchiana che sogna 5 volte di interpretare un differente ruolo tragico nelle più alte tragedie di sir William, il magnifico. Che ganza, Tiziana! Si è voltata di spalle a se stessa, ha accettato l’ubbidienza ad un regista diverso dal geniale marito e ha dimostrato di recitare a tuttotondo, essendo una regina senza paura che finalmente possiamo ammirare da tutti i lati.

 

4 Signorile e SalatinoKING LEAR

Il primo ritocco teatrale è per il mitico re di Britannia che ispirò il capolavoro di Shakespeare. Tiziana demolisce il silenzio della prima scena cantando, misericordiosa, l’arrivo dell’insigne Re Lear (Vito Signorile). Dopo di lei, il giullare Nico Salatino, con la sua voce seminferma, canta una filastrocca in rapidi virtuosismi…Che partenza da Formula Uno!

Ma è proprio quando il Re Lear dialoga con il matto unicamente in ‘barese’ che comprendiamo la forza simbolica del linguaggio pop, immaginata da Carofiglio. Il dialetto è antimonarchico, democratico per essenza. Esso ci ricorda la Coca Cola descritta da Woody Allen, che bevevano senza distinzione di classe, il presidente d’America, Liz Taylor e il barbone all’angolo della strada. King Lear, ormai vecchio, subisce i pesanti insulti del volgo. Dopo essere stato abbandonato dalle figlie, lancia una maledizione contro l’indegna città di Bari, che vorremmo si avverasse. Infine si avvelena. Il giullare non riesce a puntellare la vita del suo sovrano e lo piange con un’altra levigata melodia che ha lo spessore di una preghiera. Signorile e Salatino meritano 8/10 per l’aspetto, 8/10 per contegno, 10/10 per la virtù della narrazione. Tiziana, tanto in forma e altrettanto profonda, ha la battuta anarchica più divertente “Maestà, anzi papà…”

 

5 AmletoL’attore, Davide Ceddìa, è il cantante professionista dei Camillorè. Dunque, ha un’espressività supercollaudata, ma ingenuamente qui recita troppo velocemente, qualche volta di spalle alla platea, facendo perdere preziosi passaggi del più ricamato testo della drammaturgia occidentale. Tiziana, nella seconda performance, sogna di essere la madre di Ofelia. Tentando di violare l’assedio del dolore causato dal suicidio della figlia, Tiziana raschia l’aria con le corde vocali, come se scavasse una fossa per la sepoltura con le mani. E lo spirito di Ofelia si placa. Il famoso monologo amletico ‘sim o non sim’ trova la sua nicchia N’der a la lanze, avanti a una scheletrica barca del pescatore ignoto. Sua madre, sessualmente meschina (‘na zocc’ n) è la responsabile di tante incomprensioni.

6 cristianiGIULIO CESARE

Cristiani! Cristiani!… (Chembàre…Crestiàne de Bbàre… Barevecchiàne!). Capita all’attore meno fortunato, Felice Alloggio, di subire la mala mescianza. Bruto, per convocare il popolo a sentire l’orazione funebre di Marcantonio, invoca i fantasmi inesistenti. Ma Bruto non poteva conoscere, né inventare ‘i cristiani’ perché Gesù visse sotto Ottaviano Augusto, mezzo secolo dopo le Idi di marzo. (Qualche volta bisognerebbe moderarsi nella fantasia, altrimenti si diventa eccessivi nello stile retorico).

7 CorradinoAlla colonna infame si presenta ‘Marcantonio’ (Roberto Corradino). Il bravissimo attore non è avvantaggiato, perché questa ci sembra la traduzione meno efficace di Carofiglio. Troppo elevato il testo in inglese, altrettanto significativa la tradizionale traduzione italiana. Roberto Corradino ha la faccia scavata, come i busti marmorei che si esibiscono al Louvre. La sua mimica è adattissima ad un personaggio spergiuro e sospettabile di tradimento. Corradino possiede una tavolozza di voci dolenti e dolcificanti rinnovate in tanti anni di sperimentazione, ma non c’è rimedio. Il dialetto barese banalizza la straordinaria forza letteraria di Shakespeare. Marcantonio, parlando come ‘Pupetta delle Battagliere’, cade in una incurabile sfinitezza estetica.

 

8 GiuliettaGIULIETTA E ROMEO

Questo è l’adattamento strepitoso. Giulietta (Tiziana Schiavarelli) appartiene a una famiglia bassa della città vecchia, il suo Romeo proviene da un clan avverso. Giulietta accetta la trasgressione, ma non può sgranare le rigidissime norme morali. La passione potrebbe diventare sanguinosa, in mezzo a parenti tanto aggressivi. Tiziana picchia il romantico testo del Bardo con la sua cadenza barese, come farebbe con il pepe nel mortaio. Toglie la consistenza alla sostanza tragica, inaridisce la violenza e dandoci un’esorbitante prova di recitazione, ci consegna una carica di allegria indimenticabile. Anche Romeo al disotto della loggetta, mutatis mutantidis, riesce a moltiplicare il rendimento. Il duetto è una corsa non verso il traguardo, ma verso la fine, purtroppo. Il pubblico se ne frega della storia finta e si esalta alla vista di tanta bravura.

9 FalstaffFALSTAFF

che in dialetto barese diventa ‘Fals alla staff’. Chi non conosce il significato allegorico di quest’ultima definizione, se lo faccia spiegare e capirà le coincidenze. L’ultimo giro di scena è roba di un gigantesco ladro (Vito Signorile) e del suo sentenzioso sodale (Roberto Corradino). I due sono maschere da cinematografo. Bene! Noi stiamo stanchi di scrivere e voi di leggere. Vi indichiamo una mielosa ninna nanna, il fantastico soliloquio di Falstaff, la chiusura di Enzo Vacca che sa recitare pure con le dita, l’enorme bugia della signora Schiavarelli: “il teatro è un mestiere infelice; leggi, leggi e non impari mai…”

Scèche – Spìrre è fermentato come il mosto nell’autunno 2013, inebriando il pubblico come il migliore spumante. È un’opera pura che bisognerebbe vedere almeno due volte, per recuperarne i particolari. A cinema si può attendere una replica, a teatro è molto più difficile.

Francesco Monteleone