Se la legge non ammette ignoranza, l’ignoranza non ammette la legge

di Carmela Moretti

di Carmela Moretti

Grande ritorno in scena della coppia Mimmo Mancini e Paolo De Vita, con un’anteprima al cine-teatro Royal

Lo spettacolo “Se la legge non ammette ignoranza, l’ignoranza non ammette la legge” è uno specchio deformato del popolo italiano, furbetto, pavido e approfittatore.

 Il bitontino Mimmo Mancini e il barese Paolo De Vita si sono incontrati per caso a Roma circa 25 anni fa e decisero di scrivere uno spettacolo in fretta dal titolo “Non venite mangiati”, portando in scena due fratelli pugliesi “Carlo e Cosimo Capitoni”. Doveva essere un debutto rapido nel teatro in Trastevere e, invece, fu una rivelazione. Lo spettacolo rimase in programmazione per mesi.

Da allora, i due “fratelli”-seppur intraprendendo talvolta strade diverse, come accade spesso  nelle coppie artistiche- non si sono mai veramente separati.

Ora stanno tornando in scena con il nuovo spettacolo “Se la legge non ammette ignoranza, l’ignoranza non ammette la legge”, che sarà presentato in anteprima il mercoledì 1 giugno presso il cine-teatro Royal, anche grazie alla collaborazione con Paolo Monaci di Fattore K, produzione di Giorgio Barberio Corsetti, e Anche Cinema di Andrea Costantino.

Si tratta di uno specchio deformato del popolo italiano, furbetto, pavido e approfittatore, perfetta incarnazione di un paese incapace di andare avanti o tornare indietro. Carlo e Cosimo Capitoni, ormai più che cinquantenni, sono eternamente disoccupati e, pur di ottenere un tetto e un tozzo di pane, sono disposti a tutto: si denunciano come mandanti ed esecutori del rogo del teatro Petruzzelli per poter mangiare e bere a volontà in prigione, con la speranza che non vengano condannati agli arresti domiciliari. Nel frattempo, per cambiare le sorti della loro esistenza, si affidano all’intervento di un provvidenziale assessore, loro eterno nemico/amico. Sullo sfondo della storia, si susseguono le rievocazioni della loro infanzia, che parte da una Puglia lontana.

I Fratelli Capitoni rappresentano, dunque, l’indolenza, la pigrizia e l’arroganza tipica dell’italiano medio, che accetta lo sforzo e il dolore di vivere in povertà senza speranza e dignità: “Le nostre storie partono dalla nostra terra in Puglia, ma siamo sempre stati convinti e crediamo che abbiano un contenuto universale”.

Carmela Moretti