Lo straordinario mondo degli Inca

di Carmela Moretti

di Carmela Moretti

Argentina, Australia, Belgio, Brasile, Uruguay e tanti altri Paesi ancora: in ogni angolo del mondo, i patronati Inca della Cgil sostengono milioni di italiani immigrati, offrendo servizi gratuiti che vanno dalle domande di pensione al disbrigo di pratiche consolari, fino alla semplice (ma indispensabile) consulenza. Una presenza essenziale, che talvolta costituisce l’unico ancoraggio per districarsi nelle difficoltà di una vita all’estero e nel mare magnum di carte e documenti.
liegi 2Ne parliamo con Giuseppe Maniglia dell’Inca Cgil di Liegi. Originario di Favara, in Sicilia, si è trasferito con la famiglia nella città ardente e ora ricopre anche il ruolo di consigliere comunale presso il Comune di Liegi e, di recente, è stato eletto presidente del Comites-Italiani a Liegi.
Che tipo di servizio fornite voi dell’Inca di Liegi?
Il nostro è un servizio sociale e giuridico, offerto gratuitamente a tutti gli italiani che sono all’estero, nello specifico ai pensionati. Abbiamo delle convenzioni con l’Inps sia in Italia sia all’estero, per assistere i pensionati e aiutarli a percepire la pensione. Questo fa parte di quelle attività giornaliere a paniere. Vale a dire, noi esistiamo finanziariamente in base alle pratiche che portiamo a termine. Una partica di pensione portata in positivo ci dà diritto a 5 punti e alla fine il Ministero del Lavoro, tramite l’Inps, ci paga a paniere. Ma è bene precisare che accanto a questi servizi, c’è tutto un lavoro che facciamo quotidianamente (come domande di cittadinanza ecc.) e che non è a pagamento. Ma ora probabilmente lo diventerà, come accade già da tanti anni per altri patronati.
State facendo i conti con i tagli, dunque?
L’Inca finora, a differenza di altri patronati, non ha mai fatto pagare un servizio all’assistito. Adesso ci hanno tolto tantissimi soldi: 35.000.000 di euro l’anno scorso e 16.000.000 di euro quest’anno. Noi dell’Inca di Liegi abbiamo stretto tutto il possibile, di più non si poteva fare. Quindi, provvederemo a chiedere agli assistiti un contributo, ma io sinceramente me ne vergogno. Mi vergogno di farmi pagare per qualcosa che, per nostra scelta, è sempre stato fornito gratuitamente.
Quanti siete qui a lavorare per l’Inca e quanti sono i vostri assistiti?
Siamo in 12, tutti italiani, e abbiamo circa 2000 assistiti per pratiche di pensione, più tutta una serie persone che viene a farci visita per altri servizi.
Com’è cominciata la sua avventura con la Cgil?
Quando avevo 14 anni, mio zio era alla funzione pubblica nella Cgil di Caltanissetta e un giorno mi portò insieme alla Cgil. Io rimasi colpito dalla foga con cui si discutevano certe questioni e cominciai ad appassionarmi alla politica e al sindacato. All’età di 16 anni ero rappresentante d’istituto nella mia scuola e un giorno stavamo facendo uno sciopero, la responsabile della FGCI provinciale (Federazione Giovanile Comunista Italiana) sentì la mia intervista a una televisione locale e mi chiese di frequentare la loro organizzazione. Poi, diventai responsabile della FGCI di Favara e in seguito entrai nel partito comunista italiano, prima alla direzione e poi alla segreteria. Qualche anno dopo, il partito è diventato PDS, DS e poi si è trasformato in quello che è oggi.
La sua attività politica e sindacale in Belgio, invece, come ha avuto inizio?
Quando sono arrivato in Belgio non volevo fare politica né associazionismo, perché la mia idea era quella di tornare in Italia e non mettere radici qui. Poi, ho preso la decisione di restare per sempre e proprio in quel periodo ho avuto l’occasione di incontrare il segretario del Partito Democratico Belga, che mi ha chiesto di fare politica, anche se io non ero molto d’accordo all’inizio. Successivamente, mi sono avvicinato all’associazione Leonardo da Vinci, che è stata la tana del partito comunista a Liegi, sono stato eletto consigliere comunale al Comune e così via. Frattanto, l’Inca di Liegi non se la passava benissimo e hanno chiesto a me di rilanciarlo e ci stiamo lavorando.
Avrebbe qualcosa da dire agli “alti ranghi” della Cgil?
Alla Camusso non chiederei assolutamente niente, perché sta facendo tutto quello che io penso sia giusto fare. Più che a lei, chiederei ai dirigenti dell’ex mio partito di tagliare ogni legame con l’attuale partito, che non c’entra niente con le nostre tradizioni e con le nostre ideologie. Abbiamo mischiato due culture diverse e non le nascondo che all’epoca vidi anch’io di buon occhio questa coalizione, dopo l’esperienza dell’Ulivo, dell’Arcobaleno ecc. Poi, ho capito che è stato un errore gravissimo. Dovevamo scegliere di non fonderci, ma di fare le alleanze con chi ci avrebbe convinto, visto che avevamo un buon 25 % di consensi. Ora, con una serie di escamotage, Renzi è diventato segretario del partito e sta facendo la guerra a tutto ciò che rappresentava quell’iniziale 25 %. Con un gruppo sparuto di persone -che al contrario non hanno mai rappresentato un bel niente- si è preso il partito e il governo dell’Italia, ha distrutto gli organi dirigenti e ora lotta contro i sindacati e i patronati. Questa è la situazione attuale.
E a tutti coloro che criticano l’operato dei sindacati, cosa risponderebbe?
Che c’è un progetto evasivo, in parte fomentato dalla Tv. In Sicilia, quando la mafia decide di eliminare qualcuno da un posto pubblico di potere (senza ucciderlo), prima lo discredita e poi gli dà il colpo di grazia. Stanno screditando a livello nazionale i sindacati, per condizionare l’opinione pubblica e allontanare la gente. Si vuole arrivare alla distruzione totale dello stato di diritto.

Carmela Moretti